skip to Main Content

Innovazioni nella Direttiva UE su Reporting di Sostenibilità

Breve sintesi delle
INNOVAZIONI INTRODOTTE DALLA NUOVA DIRETTIVA EUROPEA SUL REPORTING DI SOSTENIBILITÀ e dei CONNESSI STANDARD EFRAG

1) Tecnica di intervento legislativo e nuova denominazione della rendicontazione
La nuova Direttiva europea sulla rendicontazione obbligatoria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 16 dicembre 2022 ed entrata definitivamente in vigore lo scorso 5 gennaio, tecnicamente interviene emendando il testo della Direttiva n. 34/2013, la c.d. Direttiva contabile, nonché alcuni altri atti normativi europei (Direttiva e Regolamento sull’audit; la «Transparency Directive»).
La nuova Direttiva denomina questa forma di rendicontazione “reporting di sostenibilità” e non più “reporting non finanziario”. Scompare definitivamente l’espressione «informazione non finanziaria».

2) Ambito di applicazione
La nuova Direttiva estende in misura molto significativa l’applicazione del reporting di sostenibilità a tutte le grandi imprese, banche e assicurazioni europee quotate o non quotate, nonché a tutte le società quotate, con la sola eccezione delle micro-quotate.
La soglia per definire «grande» un’impresa è quella fissata dalla Direttiva contabile n. 34/2013, ovvero superare alla data del bilancio economico-finanziario due dei seguenti tre criteri:
– €20 milioni di totale attivo;
– €40 milioni di fatturato;
– 250 addetti medi annui.
Questa modificazione comporta che la nuova normativa riguarderà circa 49.000 imprese europee dalle circa 11.000 odierne (in Italia si passerà da circa 200 imprese che predispongono la Dichiarazione Non Finanziaria-DNF a circa 4-5.000).
I gruppi dovranno produrre un report di sostenibilità consolidato. Una sub-holding sarà esentata dal report di sostenibilità consolidato solo se la sua controllante produce tale documento secondo regole e standard europei o giudicati equivalenti a questi ultimi da parte della Commissione europea.
Le società europee controllate da gruppi non europei (ad es. filiali) e che operano nella UE saranno assoggettate alle prescrizioni della nuova Direttiva se realizzano un fatturato superiore ai €150 milioni annui nel territorio europeo. Avranno degli standard europei dedicati per il loro reporting di sostenibilità.

3) La collocazione dell’informazione di sostenibilità
L’informativa di sostenibilità dovrà essere necessariamente collocata in una sezione ad hoc identificabile all’interno della Relazione sulla Gestione ((“Dichiarazione di Sostenibilità”), e non in un fascicolo a parte, tale informativa divenendo così parte integrante e sostanziale del report annuale di una società.

4) Gli standard europei per il reporting di sostenibilità
L’Unione europea avrà propri standard di reporting di sostenibilità su tutte le tematiche ESG, improntati a una prospettiva multi-stakeholder (e non solo quella dell’investitore) e di natura sia generica (“sector agnostic”) che settoriale (“sector specific”). Saranno coerenti con le raccomandazioni del TCFD (“Task Force on Climate Related Financial Disclosures”) del Financial Stability Board, e rifletteranno gli obblighi informativi promananti dalla EU Green Taxonomy (ad es., art. 8), dalla SFDR, dallo European Pillar on Social Rights e dall’approvanda Direttiva sulla
«Corporate Sustainability Due Diligence».
Gli standard saranno direttamente emanati dalla Commissione europea con Regolamenti ad hoc (“Delegated Acts”).
Il primo set di standard di sostenibilità europei sarà approvato ed emanato dalla Commissione europea con Regolamento dedicato (“Delegated Act”) entro il 30.06.2023 e il secondo set (inclusi quelli settoriali e per le PMI) entro il 30.06.2024. Saranno rivisti almeno ogni tre anni.
Con riguardo ai settori che avranno standard specifici per il reporting di sostenibilità, sono già contemplati i seguenti in ragione del forte rischio e possibile impatto socio-ambientale: agricoltura, allevamento, silvicoltura e pesca; estrazione (inclusi petrolio, gas, minerali); manifatturiero (compresa produzione di prodotti alimentari e tessili); fornitura di elettricità, gas, vapore e aria condizionata; approvvigionamento di acqua, gestione dei sistemi di fognatura e dei rifiuti; costruzioni; vendita all’ingrosso e commercio al dettaglio; trasporto e immagazzinamento; attività immobiliari.
La Direttiva prescrive che il management delle imprese debba necessariamente informare i rappresentanti dei lavoratori e discutere con essi le informazioni di sostenibilità rilevanti, nonché i mezzi per ottenerle e per procedere alla loro verifica. Le opinioni dei rappresentanti dei lavoratori devono essere riferite ai rilevanti organi di direzione, di gestione e di supervisione dell’impresa.
La Direttiva impegna altresì la Commissione europea e l’EFRAG (v. ultra) a dialogare e a collaborare con analoghe iniziative che si stanno sviluppando a livello internazionale. In particolare, la Direttiva prevede obbligatoriamente che, per evitare inutili frammentazioni normative che potrebbero avere conseguenze negative per le imprese europee operanti anche a livello extra-UE, gli standard europei dovranno contribuire al processo di convergenza degli standard di rendicontazione di sostenibilità a livello globale nelle diverse giurisdizioni, in particolare supportando, e risultando coerenti con, gli standard dell’International Sustainability Standards Board (ISSB) che opera nell’ambito della IFRS Foundation. Nello specifico, gli standard europei dovranno ridurre il rischio di obblighi di rendicontazione incoerenti per le imprese che operano a livello globale (c.d. rischio di “double reporting), integrando il contenuto degli standard di riferimento internazionali che saranno sviluppati dall’ISSB nella misura in cui tali standard dell’ISSB saranno coerenti con il quadro giuridico della UE e gli obiettivi del Green Deal europeo.

5) PMI e principio di proporzionalità
Verranno emanati anche degli standard europei di reporting differenziati e semplificati per le PMI quotate per tener presente le caratteristiche di queste aziende (principio di proporzionalità).
Alle PMI della catena di fornitura potranno essere richieste informazioni di sostenibilità dall’azienda capo-filiera se ragionevoli, e comunque tali richieste devono essere coerenti con, e non eccedenti, gli standard di reporting semplificati per le PMI quotate.
La Direttiva prevede che, se per 3 anni l’impresa assoggettata all’obbligo di rendicontazione di sostenibilità non riesce ad ottenere informazioni dalla catena di fornitura, essa dovrà spiegare a) gli sforzi compiuti, b) perché non sia stato possibile ottenere le informazioni, e c) i piani con cui prevede di ottenere tali informazioni in futuro.
Saranno elaborati a livello europeo anche standard di carattere volontario per il reporting di sostenibilità delle PMI della UE non quotate. I Governi degli Stati membri sono invitati a studiare l’impatto dell’applicazione dei nuovi standard sulle PMI nazionali e a predisporre incentivi e aiuti per favorire questo passaggio.

6) Ruolo e standard dell’EFRAG. Gli ESRS
L’EFRAG (originariamente acronimo di “European Financial Reporting Advisory Group”), organo di consulenza della Commissione europea nel campo della rendicontazione aziendale, viene incaricato dalla Direttiva di emanare i già citati standard di reporting di sostenibilità europei, i cosiddetti “European Sustainability Reporting Standards” (ESRS), differenziati per le grandi imprese e le PMI. Le proposte di standard saranno trasferite alla Commissione europea per un’analisi e valutazione prima della loro emanazione definitiva tramite – come ricordato – Regolamento Delegato.
Finora sono state elaborate, a cura del “Sustainability Reporting Pillar” dell’EFRAG, 12 bozze di standard “sector agnostic”, ovvero insensibili ai settori di appartenenza delle imprese, di cui 2 trasversali, 5 su tematiche ambientali, 4 su tematiche sociali e 1 su tematiche di governance, accompagnati dalle rispettive “Basis for conclusions”. Per una sintesi cfr. l’Appendice.
Il 22 novembre 2022, le bozze definitive di questi primi 12 standard sono state consegnate alla Commissione europea per l’attività di finalizzazione, prevista entro il 30 giugno 2023, con l’emanazione di “Delegated Acts” da parte della Commissione.
In particolare, la Direttiva inserisce esplicitamente l’obbligo di inserire negli standard elaborati dall’EFRAG la richiesta di informazioni relative allo Scope 1, allo Scope 2 e, ove rilevante, anche allo Scope 3 relativamente alle emissioni di gas serra.
È importante sottolineare che i singoli “datapoints” informativi richiesti dai 12 standard EFRAG del primo set ammontano a circa 1.100, di cui circa 300 obbligatori, e i rimanenti assoggettati ad analisi materialità al fine di decidere se includere o meno un determinato obbligo informativo nel report di sostenibilità.
Sono già iniziate le attività dell’EFRAG per l’elaborazione di un secondo set di standard, composto da numerosi “sector specific” standard e da quello riguardante il report di sostenibilità delle PMI quotate assoggettate agli obblighi di reporting della Direttiva. Si prevede che gli standard di rendicontazione di sostenibilità di settore (“sector specific”) saranno circa una quarantina. Questo secondo set di standard sarà elaborato dall’EFRAG entro il 15 novembre 2023, per essere “passato” alla Commissione europea che dovrebbe promulgarli entro il 30.06.2024.

Questo nuovo ruolo assegnato dalla Direttiva CSRD all’EFRAG ha comportato anche una modificazione strutturale di questa organizzazione, dove è stata creata una “gamba organizzativo- istituzionale” dedicata al reporting di sostenibilità con un dedicato Board e un Technical Expert Group (TEG) ad hoc per gli standard per la rendicontazione di sostenibilità.

7) La natura e la dimensione temporale dell’informazione e relativi piani di transizione
L’informazione di sostenibilità avrà natura quantitativa e qualitativa (narrativa), e dovrà essere di carattere retrospettivo ma anche prospettico (forward-looking).
In particolare, i target ambientali dichiarati dalle imprese dovranno collocarsi in una prospettiva temporale anche di medio-lungo termine, risultare coerenti con gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi (contenimento a 1,5 gradi dell’innalzamento della temperatura media globale entro il 2050) e dallo European Green Deal (eliminazione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e loro annullamento entro il 2050) e dovrà esserci un’indicazione di quali dei target prospettati siano ‘science-based’.
Le informazioni prospettiche devono fare parte di piani di transizione che vanno inseriti e illustrati nel report di sostenibilità. Questi includono l’obbligatorietà di rendicontare le azioni di implementazione – e i relativi piani di finanziamento e investimento – svolte in linea con l’Accordo di Parigi e lo European Green Deal (“Patto Verde Europeo”), e ove rilevante, anche l’esposizione dell’impresa ad attività legate al carbone, al petrolio e al gas.

8) La materialità
Nella Direttiva europea viene riaffermato il principio della “doppia materialità”, secondo cui un’informazione, per essere materiale (cioè significativa), e dunque essere necessariamente inserita nel report di sostenibilità, deve essere rilevante per l’impresa dal punto di vista economico-finanziario oppure per il contesto socio-ambientale di riferimento con riguardo ai fattori ESG. In questo senso si distingue tra “financial materiality” e “impact materiality”, le quali sono entrambe egualmente importanti per il contenuto del reporting di sostenibilità europeo.
L’analisi di materialità, al fine di determinare quali informazioni siano da ricomprendere nel report di sostenibilità, si deve svolgere prima a livello di argomento tematico (ad es., inquinamento; economia circolare; biodiversità; acqua e risorse marine) per comprendere se e quali di questi argomenti siano “materiali” (ovvero significativi/rilevanti), e poi – nel caso positivo – occorre condure questa analisi di materialità a livello di obblighi informativi (“disclosure requirements”) previsti dai singoli standard.

9) La digitalizzazione dell’informazione di sostenibilità
Per aumentarne diffusione e comparabilità delle informazioni di sostenibilità, la Direttiva pone l’obbligo di rendere digitale l’informazione presente nel relativi report, utilizzando il linguaggio XHTML e il linguaggio di marcatura XBRL (già obbligatorio in Europa per tutte le quotate e, in Italia, anche per le società di capitali non quotate). Ciò implica che si dovrà predisporre una tassonomia delle informazioni di sostenibilità con i relativi “tags” (etichette digitali). Tutte le informazioni di sostenibilità digitalizzate dovranno essere pubblicate secondo un unico «European Single Electronic Format» (ESEF) e confluire nello «European Single Access Point» (ESAP).

10) Intangibili
La Direttiva introduce un’interessante novità nel mondo del reporting aziendale, ovvero l’obbligo di rendicontare gli intangibili internamente generati che non compaiono nello Stato Patrimoniale delle società e che dunque rimangono “invisibili” agli utenti esterni e interni del reporting.
In particolare, le informazioni sugli intangibili legati alla sostenibilità devono essere necessariamente incluse nella rendicontazione di sostenibilità, mentre le informazioni e le misure sugli intangibili non connessi alla sostenibilità (ad es., la proprietà intellettuale) devono essere inserite nella Relazione sulla gestione, al di fuori quindi della Dichiarazione di Sostenibilità, ma questo a valere per le sole Entità di Interesse Pubblico (quotate, banche e assicurazioni in Italia).

11) Revisione e assurance
La Direttiva estende a tutti i report di sostenibilità che saranno redatti in base alle proprie norme l’obbligo di essere assoggettati alla c.d. “limited assurance”, nella prospettiva di raggiungere la “reasonable assurance” (ovvero quella tipica del bilancio economico-finanziario) in un lasso di tempo contenuto.
La Direttiva prevede che la revisione del report di sostenibilità venga effettuata da un accreditato
«statutory auditor», prevedendo anche la possibilità di un’apposita certificazione o accreditamento per le competenze relative a questo tipo di assurance («Reporting must be certified by an accredited independent auditor or certifier»).
È lasciata facoltà agli Stati membri di decidere se l’auditor del report di sostenibilità debba o meno essere diverso da quello che svolge la revisione del bilancio economico-finanziario della stessa impresa.

12) Supervisione ed enforcement
La supervisione e l’enforcement della nuova normativa sarà affidata alle varie «National Competent Authorities». L’ESMA emanerà una guida per promuovere un’attività di supervisione convergente tra esse.

13) Tempi di applicazione
In termini di applicazione temporale, la Direttiva fissa le seguenti scadenze per tutti i Paesi europei:
– 1° gennaio 2024 per le imprese che già producono la Dichiarazione Non Finanziaria (DNF) ai sensi della Direttiva n. 95/2014 (in Italia, D. Lgs. n. 254/2016) (quindi 1° report all’inizio del 2025);
– 1° gennaio 2025 per le imprese che ricadono nell’ambito della Direttiva CSRD e non producevano già la Dichiarazione Non Finanziaria-DNF prevista dalla precedente Direttiva no. 95/2014 (quindi 1° report all’inizio del 2026);
– 1° gennaio 2026 per le PMI quotate che ricadono nell’ambito della CSRD (quindi 1° report all’inizio del 2027), con l’opzione di non applicare la nuova normativa (c.d. “opt-out option”) per due anni (ovvero fino al 1° gennaio 2028), salva la necessità di spiegare perché l’impresa abbia deciso di avvalersi di tale opzione;
– 1° gennaio 2026 per le istituzioni creditizie piccole e non-complesse e le imprese assicurative “captive” (quindi 1° report all’inizio del 2027);

– 1° gennaio 2028 per le filiali di imprese extra-UE che ricadono nell’ambito della Direttiva CSRD (quindi 1° report all’inizio del 2029)

Gli Stati Membri avranno 18 mesi di tempo dal 5 gennaio 2023 (data di entrata in vigore della Direttiva CSRD) per recepire formalmente tale normativa nei propri ordinamenti giuridici tramite atto legislativo, che pertanto dovrà essere effettuato entro il 5 luglio 2024.

Prof. Stefano Zambon

Segretario Generale

Fondazione “Organismo Italiano di Business Reporting”

14.03.2023

SCARICA IL DOCUMENTO IN PDF

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *